Una trama a due voci, sul filo del sogno, tra vita e morte di Clelia e Corinne. Amore materno e adozioni ne sono il centro.
Visto che ho la fortuna di conoscere Clelia Tenco personalmente, ho pensato bene di farle alcune domande Spero gradirete questa intervista dove l'autrice si è aperta spontaneamente in un flusso di parole mai banali.
Quando hai capito di voler scrivere?
In realtà l'ho sempre fatto, mi è sempre venuto naturale, quasi conoscessi già questa vita e questo mondo. Ricordo che all'asilo già scrivevo, inventavo storie, rielaboravo i topolini che leggevo e obbligavo mio cugino e la mia amica di allora, a recite improponibili su copioni da me scritti. Come fossi una piccola sceneggiatrice.
Ti sei mai data una risposta del perché scrivessi? Quale era la tua esigenza?
Forse era la naturale conseguenza di chi ha un carattere particolarmente chiuso e fatica nell'esprimere le proprie emozioni. L'esigenza era dimostrare a me di esserci, nel mondo.
Dopo i copioni di topolino, come hai continuato a scrivere?
Ho iniziato alle elementari, scrivendo poesie, ma per pudore, non le facevo mai leggere a nessuno, quasi non esistesse quel mondo. E Ricordo un fatto che mi fece chiudere ancora di più e ritardare nel far venire fuori, quello che scrivevo.
Puoi dirmi quale?
Quando avevo 8 anni, la maestra aveva dato come compito delle vacanze natalizie lo scrivere una storia. Il mio campo, finalmente potevo dimostrare chi ero. La mia fantasia ha sempre viaggiato molto e scelsi di rielaborare il cartone animato di topolino, che si ispirava a "Canto di Natale".
Avevo anche acquistato un quaderno particolare solo per questo racconto che in realtà, sarebbe stato lungo solo 10 pagine. La maestra lo prese, e leggendo le prime righe disse:
"Chi te lo ha scritto?"
Non mi beccai una nota, ma un voto che non valeva niente, perché era stato scritto a matita, quindi mai trascritto nel registro.
Immagino però che non ti sia fermata qui. Raccontaci cosa hai scritto fino ad oggi
Ho certamente continuato a scrivere e descrivere, il mondo.
Dal 2002, ho messo ordine tra le mie poesie, pubblicandole sulla piattaforma online
poetichouse, per poi cancellarle in un momento di follia e rimetterle online quest'anno. Ho alternato momenti di racconto a momenti di poesia.
Ho avuto anche un blocco, quasi un rigetto per la penna, nel mio caso per il computer, dal 2011 al 2014.
Come ne sei uscita? So che sembra una domanda banale e di psicologia spicciola, ma credo possa essere di aiuto a molti scrittori.
I blocchi li smuove la consapevolezza e ad essa si arriva quando la strada biforca, quando ci si trova davanti ad un bivio. Nel mio bivio mi ero resa conto che stavo facendo svanire la mia vita. Lì, è maturata la poesia "Rintocchi".
Da lì sei ripartita subito?
In realtà ancora non mi sentivo in grado di aprirmi al mondo. Ricordo che la scrissi come nota del mio profilo Facebook. Solo successivamente presi coraggio, creandomi una pagina Facebook in cui mi indicavo come scrittrice, mediocre o meno saranno gli altri a dirlo, e ad aprile 2015 feci la scelta più coraggiosa: pubblicai il mio primo libro.
Come è nato questo libro?
È un libro che è un parto, un punto di partenza, volendo anche una meta per i due personaggi protagonisti. Con questo scritto ho capito che, io la penna non l'avrei mai lasciata. In questo clima di rinascita, è nato appunto "Ti ho sognata...e ne è valsa la pena (memorie di un sogno ricordo non vissuto)".
Il libro ha un linguaggio intricato, ma si capisce che narra dell'amore materno. Perché hai scelto questo tema?
Mi ha sempre affascinato, il tema delle nascite, collegato alla morte e all'adozione. Come se fosse un atto di amore più carico e denso di significato, rispetto ai più tradizionali tentativi di avere un figlio. Nonostante non abbia mai considerato i genitori naturali come di serie B, ovviamente.
E allora perchè?
Credo che adottare sia un po' come quando si sceglie di donare amore e questo tipo di scelte sono maggiormente ponderate, fatte di testa e con il massimo dell'impegno del cuore. Si tratta, della forma di amore agape, quella cui dovrebbe mirare ogni persona.
Ne parli in un modo molto consapevole, te ne sei mai resa conto?
Ne parlo come se avessi in un certo qual modo vissuto un'esperienza simile da genitore, ma in realtà non è così, anche perché non ho mai avuto figli e la cosa mi spaventa molto, da buona ipocondriaca quale sono. Un mio eventuale figlio naturale, nascerebbe stressato.
Analizziamo ora i personaggi del tuo libro. Puoi dirmi chi è Clelia?
Clelia è una giovane adulta che lo è diventata, per certi versi, un po' in ritardo rispetto alle sue coetanee. È cresciuta in un mondo ovattato, in cui però ha assistito a tante brutture. Queste brutture le danno un vantaggio rispetto ai coetanei, perché quello che le mancava erano solo tutte le esperienze connesse con l'età adulta, di amore, lavoro, studio. Diciamo che quindi acquisisce una consapevolezza e rinasce, buttandosi in quell'ignoto chiamato mondo, partendo da una base di apparente ritardo.
Quanta parte di Clelia c'è in Chiara?
Diciamo che ho esplorato la mente del personaggio che volevo costruire, come se fossi stata Clelia. Anche io ho vissuto in un ambiente ovattato e un ritardo rispetto al mondo ce l'ho avuto, quando per una malattia sono stata chiusa in casa cinque anni della mia vita e mi vedevo in ritardo rispetto a tutti.
Una malattia segna tanto da giovani e non chiederò quale fosse, voglio chiederti invece come hai deciso di affrontarla
Anche io come Clelia mi sono ributtata nel mondo, per avere la mia possibilità di emergere. Fare è il modo di affrontare qualsiasi cosa. In questo percorso Clelia ha fatto bene a Chiara, perché si sono conosciute, durante la stesura delle emozioni di chi è segregato. Chi per una castrazione, chiamata gabbia dorata, chi per una reclusione forzata, dovuta a malattia. Questa collisione è emersa in modo preponderante, quando scelsi di avere un profilo Facebook con il nome Clelia Tenco.
Quando ho capito che mi potevo staccare da questo personaggio, sono ritornata consapevole alla Chiara, non più in ritardo sul mondo. Ho recuperato molto.
Questo "recupero", come si è concretizzato?
Immergendomi in quello che so fare meglio, vivere la vita senza pensare con ossessione al futuro. Nel 2015, ho ripreso a lavorare, nonostante qualche problema iniziale fisico. Ho conosciuto un'amica meravigliosa, Silvia. Mi sono aperta e ho recuperato un rapporto con me stessa. Poi per concludere in bellezza un periodo particolare, in un giorno decisi che avrei iniziato l'università, scegliendo di levarmi la certezza della mia casa.
Era luglio, stavo guardando un po' di università fuori dalla Toscana, mi è caduto l'occhio su Milano dato che il bando di preimmatricolazione scadeva il 15 dello stesso mese.
Hai puntato tutto su Milano?
Ho smesso di cercare, perché ho sentito che sarebbe stato Milano. E nei giorni successivi l'ho detto a mia madre che tentava invano di farmi riflettere. Ricordo che mi disse: ”Hai trovato lavoro ora, ti stai pian piano rimettendo in salute ma non sei ancora al massimo. Spesso hai bisogno di me per le cose quotidiane e te ne esci con un trasferimento in Lombardia?".
Eppure hai insistito
Se fossi stata ancora la Chiara di 9 mesi prima, non avrei osato tanto, mi sentivo semplicemente pronta, calma e per niente paurosa.
Dopo due anni a Milano penso di aver vinto io.
In merito all'università hai avuto una grande ricompensa, visto che hai vinto la borsa di studio "Exploit your Talent"?
Borsa di studio che non credevo minimamente di vincere! Vengo da un mondo del lavoro in cui a 30 anni già si è vecchi e pensavo che anche solo per un fattore di età sarei stata scartata senza nemmeno essere letta. Partivo veramente come un provarci. Ricordo che, una possibile mia vittoria, vista la quantità di oltre 300 persone partecipanti, era pura illusione. Scelsi comunque di mettermi in gioco, consapevole stavolta che un eventuale giudizio, non mi spaventasse affatto.
Come hai appreso della vittoria?
L'esito sarebbe arrivato via mail, sia in caso di positivo che negativo. Avevo appena finito il mio primo esame ed ero davanti ad una mail che recava nell'oggetto solo la dicitura "esito". Ho preso coraggio, letta due volte, tirando per la prima volta un urlo di gioia vera. Ho fatto anche sobbalzare la mia ex coinquilina e cara amica, Tatiana, che stava in cucina. Piccola, grande vittoria per una che pur avendo partecipato ad altri concorsi, come quelli di poesie, non aveva mai vinto.
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Chiara G. |
Descriviti con una frase
Sono una tranquilla figlia unica, anzi la tranquillità e la pacatezza sono apparenza, che ha deciso di penetrare la vita da combattente. Niente di regalato, tutto di guadagnato. Quante sono belle le soddisfazioni che mi sto dando, perché ho scelto me. Mi amo.
Tornando al libro, non è la prima volta che questo tema viene affrontato nella letteratura. Hai preso spunto da altri scrittori?
Non ho mai preso spunto da altre scrittrici o scritti noti o almeno non consapevolmente. Alcuni mi hanno chiesto se avessi preso spunto dal famoso libro di Oriana Fallaci in merito alla tematica nascita e doloroso distacco, "Lettera a un bambino mai nato". Nonostante l'abbia maneggiato più volte, quando spolveravo la libreria di casa dei miei genitori, non l'ho mai letto. Penso di volerlo leggere a breve.
Quanta parte di Corinne è in te?
Farò una confessione, Corinne esiste, ho preso spunto da una persona reale che ho conosciuto, e se parlassi come Clelia, direi di averlo fatto tramite un sogno. In parte è successo così, ho sognato il dolore di una madre che perde un figlio, vivo e straziante e ho cercato con delicatezza e anche per questo Corinne ha un ruolo quasi marginale per certi versi, di dare sfogo a qualsiasi madre che perde un figlio.
Ma un figlio non lo perde anche un padre? Non pensi sia discriminatorio, escluderlo?
Non ho dato voce ai padri. Forse ho sbagliato, ma ho identificato un filo che legava queste due figure. Corinne quindi, sono tutte le madri che portando in grembo un frutto d'amore e soffrono visceralmente, più di qualsiasi essere umano, nel perderlo. Superare un lutto simile credo sia la prova d'amore più grande che un genitore possa dare ad un figlio mai nato, ma che forse vive in un cielo.
Perché Clelia e Corinne non si incontrano?
Per certi versi si conoscono, si sono toccate e annusate, forse anche sfiorate, magari si sono anche scritte e parlate, ma stanno in un religioso distacco, quasi a non voler invadere la sfera intima altrui. Se a farlo è un figlio è quasi un miracolo, sono quei tipi di sacrifici che si comprende solo quando si è madre.
Ho saputo che ci sarà il seguito del libro. Di cosa parlerà?
Rielaborerà questo primo scritto, in chiave di conoscenza. Verranno esplorate le due personalità e stavolta ho scelto una forma diversa, a tre voci fisse ed io sarò in distacco, una di queste; "L'IoNarranteViaggiante". Per farlo apparire accattivante, ho scelto una formula che amo leggere, quasi un thriller, ma niente di poliziesco, nessun cadavere da trovare o omicidio da risolvere. Però si gioca sul filo dei nervi scoperti, i non detti, le verità che bussano all'animo. Ho scelto il ritmo carico, con momenti di quiete, per niente rilassante.
Potresti dare un piccolo indizio sul tuo nuovo romanzo?
Come, giustamente un giornalista
Mediaset,
Simone Toscano, ha detto, leggendo il primo: "Non è un libro, ma un flusso di coscienza". E diciamo che il prossimo sarà un flusso d'incoscienza.
Perché qualcuno dovrebbe comprare questo tua prima fatica?
Perché i viaggi nella mente sono delle scoperte e esplorando il mondo ci si conosce tutti un po' di più. Questo è un piccolo viaggio che vuol portare chi legge a far scoprire la gioia del dono.
Che dire d'altro? Grazie a Clelia per il suo tempo e in bocca al lupo per tutti i suoi progetti. Avanti così!
Crepi il lupaccio!
Da "Dedica Sia!"
"A due occhi di madre che non vorrei vedere sempre velati da uno strato di tristezza.
Ai miei genitori che tanto mi hanno voluto, da cercare un modo per superare il dolore.
Vostra figlia, mai nata, ma sopravvissuta,
CL,
un suono sommesso in gola, anche il vostro."
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